TORNARE: VOCE DEL VERBO “AMARE”
Lecce, ottobre 2017: la mia partenza. Ho sempre dubitato di chi non ha mai esternato alcun dubbio sul costruire altrove la propria vita.
Nuovi luoghi, facce, abitudini, nuove persone. Nelle 24 ore precedenti il fatidico momento dei saluti, si innesca un meccanismo di forte autocritica. Tu con la tua valigia stracolma inizi a domandarti se stai facendo la cosa giusta.
Non è tanto la paura di partire a fare da protagonista, piuttosto è l’inquietudine di tornare una volta al mese, se ti va bene, per poi ritrovarti in una realtà che è ormai troppo lontana.
Nel 2017 non partivo come era successo in precedenza, per poi tornare puntuale ogni mese. Non partivo come universitaria fuori sede. Partivo per qualcosa per me molto importante.
La mia terra mi ha fatto conoscere l’amore, ma il destino per me aveva riservato un amore non salentino: a Trepuzzi ho conosciuto quello che oggi è mio marito.
Quando torni a casa al Sud sei accolto da “super star”: all’uscita dall’aeroporto si alza il sipario. Facce, più o meno simpatiche, stanno lì a fissarti. Tutto questo calore si combina con il profumo della rosticceria e pasticceria che ti è tanto mancata, con gli abbracci più o meno commossi, con quella gestualità unica, egocentrica del salentino DOC.
Sai già che, in un modo o nell’altro, nella tua valigia al ritorno, da vera terrona, avrai sempre qualche prelibatezza di cui vantarti nelle cenette in casa con amici.
Intanto eccoti finalmente nel tuo paese: ecco il suo traffico, la sua rotonda che di tondo ha davvero poco, eccoti finalmente a casa. Superata la fase “ingozzamento”, alla quale fingi di opporti, ritrovi i tuoi amici.
Sei partita, hai scelto, per alcuni hai anche tradito, sei cresciuta e hai perso qualcuno. Partire significa anche accettare una sconfitta. La sconfitta di non avere tutto sotto controllo quando torni.
Rimpianti? Assolutamente no. C’è chi parte per tornare più o meno una volta a mese, ma parte sempre con gli occhi lucidi. E poi c’è chi è restato, ma non c’è comunque lì ad accoglierti.
Con un pizzico di orgoglio, alla fine, ti dici che chi è rimasto al tuo fianco sarà ancora lì ad aspettarti. I giorni che trascorri a casa sono sempre troppo pochi. Ed eccolo, di nuovo, il giorno della partenza.
Tua mamma è da 24 ore davanti i fornelli, tuo papà tenta di elaborare piani strategici per costruire all’interno della valigia impalcature di barattoli, contenitori, etc., i tuoi fratelli e nipotini ti riempiono di coccole. E allora riprendi in mano la valigia, con dentro una certezza: ovunque andrai, non dimenticherai mai la strada di casa.
Veronica PERRONE