Nelle piccole realtà come la nostra ci si conosce tutti, o perlomeno così dicono. Conoscersi, però, ha forse un’accezione più ampia di quello spiraglio minuscolo che ci concede il quotidiano. Conoscersi supera il nome e il cognome, la scuola elementare frequentata e le compagnie predilette.
Non ci conosciamo affatto, non conosciamo a fondo nemmeno il luogo che abitiamo.
Lo sguardo che accompagna i nostri passi in giro per il paese da troppo tempo mugugna un pensiero relegato al possibile o, meglio, all’impossibile: tutto quello che si sarebbe potuto fare e che invece non si è fatto. Quanto sono belle le occasioni perdute.
“Trepuzzi Galattica” però si è dimostrato un variopinto tentativo di invertire la logica di quello che non è stato.
Ci siamo ritrovati, noti sconosciuti, intorno a un tavolo di questa neonata e sorprendente creatura che è Bibliò. Abbiamo scoperto che il paese è fatto di posti che conosciamo ma anche tanti altri di cui non avevamo contezza.
Luoghi di nuova costruzione, edifici più antichi di cui tutti subiamo il fascino, spazi naturali, conclamati luoghi di aggregazione. Poi la domanda: come abitarli?
Abitare un luogo implica prendersene cura, averlo a cuore. Non una pretesa, ma una possibilità di farli “nostri”. Abitare un luogo è una necessità e noi del tavolo “Spazi di attivazione” abbiamo capito che necessitiamo di luoghi dove essere da soli e dove incontrare qualcuno, luoghi per scoprire il cinema, per fare una festa, per imparare; un luogo dove poter parlare di sessualità senza la paura di essere “riconosciuti” e quindi giudicati, dove trovare un supporto psicologico; un luogo dove conoscere la strada che porta al futuro, che ci dia modo di avere i mezzi, gli strumenti. Insomma un luogo di orientamento per ragazzi.
Abbiamo capito che spesso un paese così piccolo non ha carenza di luoghi o di fondi, ma di PERSONE. Sì, i luoghi hanno bisogno di essere abitati. In un rapporto di interdipendenza tra il luogo e il suo abitante dovrebbe concretizzarsi il domani che ci auguriamo.
“È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante” diceva Antoine de Saint-Exupéry nel Piccolo Principe e lui era uno che volava davvero.
La speranza è quella che ci sia spazio per le idee, che i luoghi che abbiamo possano ospitare anche e soprattutto iniziative nuove, spettacoli che nessuno qui ha ancora visto, sere d’estate di avventure, luoghi di accoglienza e di possibilità. L’impegno è di esserci, ciascuno con il tempo che ha da dedicare “alla sua rosa”, in un contesto di creazione che riesca a parlare anche a chi scalpita per andare via e ad invitare a rimanere chi è tornato.
Lavinia Miglietta