«LA COCA ERA LA SOLUZIONE A TUTTO»

LA STORIA DI GIANCARLO

Pensavate che il racconto di un pomeriggio a Casa Connò fosse finito? Ebbene non è così. Dopo aver chiacchierato con Fernando, infatti, si avvicina un uomo, vuole raccontarmi la sua storia. E io non posso fare altro che accettare di lasciarmi stupire ancora. Si accomoda e si presenta così: Giancarlo, 55 anni, tossicodipendente in fase di guarigione, dal passato turbolento.

Lo ascolto con attenzione. È un fiume in piena.

«Ho iniziato a fare uso di sostanze senza conoscerne il potenziale ed effettivo danno sulla salute e sulla mente. Agli inizi degli anni ’80 ero ancora pulito. Sono un commercialista, provengo da una famiglia perbene che non mi hai mai fatto mancare nulla e sono sempre stato un tipo piuttosto tranquillo. Cambiai nel giro di pochi anni. O meglio, la vita mi cambiò.

Mio fratello morì in un incidente stradale, la mia ragazza mi lasciò, iniziai a sentire il peso di alcune responsabilità da cui prima di defilavo. Mi sentivo insoddisfatto e infelice. Trovai nella cocaina la soluzione ai miei problemi. E poi sniffare non mi sembrava così strano: i miei cantanti preferiti lo facevano, la gente intorno a me lo faceva, mi sembrava normale. Mi faceva stare bene non pensare a niente ed evitare di guardare in faccia la realtà che mi si sbatteva contro.

Ho provato più volte a smettere, ma i problemi si ripresentavano. E insieme a loro la cocaina. Era diventata l’antidoto alle mie preoccupazioni, alle mie fragilità. Per un periodo ho fatto uso di sostanze tutti i giorni, tutti. A quel punto sapevo fosse sbagliato e iniziai a chiedere aiuto prima a me stesso… la notte non riuscivo a dormire.

Conobbi un grosso trafficante albanese e quella fu la mia rovina. Ci usammo a vicenda: lui mi procurava la droga e io lo aiutavo con la madre malata e nella ricerca di un’abitazione in cui gestire il business. Dove mi ha portato tutto questo? Dietro le sbarre.

Mi arrestarono e condannarono a 8 anni e 5 mesi di carcere. Dichiarai subito di essere un tossicodipendente e manifestai più volte il desiderio di vivere in comunità. Non è facile però. Solo il test del capello può accertare che un detenuto faccia uso di sostanze da tempo e non si tratti di un singolo episodio nel tentativo di evitarsi la prigione. Indovinate un po’? Ero idoneo alla comunità.

Sono nel percorso ormai da 44 mesi, questa vita è diventata la mia quotidianità. Le esperienze degli altri mi fanno sentire meno solo e mi rafforzano ogni giorno di più. Qui ho iniziato ad apprezzare le cose più semplici, a dare un valore al denaro, a rispettare le regole. È la mia scuola di vita. Il problema resta l’esterno, la vita fuori da queste mura. La comunità è pur sempre una bolla. Cosa sarò diventato una volta che sarò uscito? La strada da fare per scoprirlo è ancora lunga, ma non perdo le speranze e mi faccio guidare da chi ha preso a cuore la mia storia. Con loro, con i miei compagni, con la mia forza di volontà, potrò essere una persona migliore. Potrò finalmente dire che sono fiero di me stesso».

E noi glielo auguriamo.

Mariafrancesca ERRICO

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