LA “POLVERE” CHE CI DÀ LUSTRO
La marina di Casalabate è un’area della cui storia non vi rimane traccia visibile, pur essendoci stato un antico insediamento umano sin dal periodo neolitico.
Nel lontano medioevo i Re Normanni, donando all’Abbazia di Cerrate il territorio circostante sino al mare, crearono un vasto feudo a favore del clero.
Con la costruzione di una abitazione voluta dall’abate del vicino cenobio, la località acquisì la denominazione di Casalabate.
Nel XVII secolo, quando la feudalità fu abolita, i beni immobili posseduti dal clero furono distribuiti a privati e ai Comuni come bene erariale, abolendo il pagamento di decime, servitù e pertinenze varie. Motivo per cui la fascia costiera tra Torre Specchiolla e Torre Rinalda fu denominata “Posto dei Trepuzzini”.
Nell’area mercatale di Casalabate, volgendo lo sguardo verso ovest, si nota a ridosso dell’incrocio una piccola altura: è ciò che rimane della famosa Specchia Calone o Specchia del diavolo, costruita presumibilmente nel terzo millennio a.c.
Nei primi anni dell’ottocento, ritenuta fortezza militare, fu smantellata a cannonate dagli inglesi. Fu poi demolita nel ’62 durante i lavori di costruzione della Squinzano-Casalabate. Era una delle più belle e grandi specchie del Salento, sventrata da chi era convinto che occultasse tesori.
Era una tomba monumentale o una torre di guardia? Su questo gli storici hanno ancora idee diverse. Certo è che tutt’intorno sono stati trovati reperti e resti di un antichissimo insediamento protostorico. Un po’ più in là, verso sud, anche i resti di una fattoria romana.
È l’unica traccia di storia antica? No. C’è anche la sentinella addetta al controllo del mare: Torre Specchiolla. Si narra che un cavallaro della torre fosse proprio un abitante di Trepuzzi, appartenente al nobile casato dei Petrucci.
Nell’area circostante anche qui sono state rinvenute testimonianze di antiche frequentazioni, selci lavorate e cocci. A salvarla dall’abbandono e il degrado, rilevandola, l’ingegnere Piero Capodieci.
Ed ecco che anche la polvere diventa motivo di lustro di un territorio.
Vincenzo GRASSI