«SII PROTAGONISTA DEL TUO CAMBIAMENTO»:
IL LASCITO DELLA PANDEMIA
Eravamo felici e non lo sapevamo. Oppure eravamo infelici. Fatto sta che non lo sapevamo. Ma il solo fatto che qualcosa ci abbia spinto a fermaci e riflettere su questo, ha rappresentato una possibilità.
Mi chiamo Elisabetta Rizzo, ho 37 anni e sono una psicoterapeuta. Le “storie” del Covid le ho potute osservare nel mio studio di Lecce e Brindisi. “Storie” sì, perché ogni persona ha la sua. E probabilmente, se non ci fosse stata una pandemia, non tutte avrebbero varcato quella porta.
Storie diverse si diceva. Ciascuna a sé. A ragion del vero, però, un comune denominatore c’è in tutte: è l’angoscia. Un sentimento inquietante e paralizzante. «Siamo tutti in trincea» si sentiva dire spesso. Errore: in guerra il tuo nemico lo vedi e lo riconosci. In una pandemia no: il nemico è invisibile e potenzialmente il nemico potevi essere anche tu.
Ci si guardava intorno, prima per timore di essere contagiati, poi di essere untori. È giusto a questo punto, per motivi legati alle differenze cliniche delle varie età, distinguere gli effetti dell’angoscia in due range: i vissuti degli under 25 e quelli degli over 25.
Capitolo under. «Dottoressa, ieri mentre guardavo un film in una room, mi hanno offesa». Siamo nel pieno della pandemia e Anna (nome di fantasia) ha 18 anni e la “room” di cui parla altro non è che una stanza digitale di un’App che consente di guardare e commentare lo stesso film, in rete, insieme ad altre persone.
È solo una delle tante storie che ho potuto ascoltare, emblema di un coinvolgimento totale nel mondo del web. Lì dove reale e irreale hanno perso i propri confini. È qui che hanno riversato la loro angoscia gli under 25: in un universo parallelo, l’unico in cui era possibile continuare a costruire un’identità sociale.
Aspetto fondante del giovane adulto è poi la possibilità di proiettarsi nel tempo e nello spazio: senza questa possibilità, la progettualità è stata interrotta, generando una sensazione di immobilismo e una totale assenza di coordinate, che non consente di creare confini entro i quali l’identità personale possa formarsi. I segni più comuni del malessere? Disturbi d’ansia e attacchi di panico.
Capitolo over. Qui l’angoscia ha un solo motore principale: la perdita. Perdita della routine (lavoro, hobby, rapporti sociali) con conseguenti disturbi del sonno, forte calo dell’umore, attacchi di panico, disturbi d’ansia legati alla forte paura dell’altro e perdita del controllo rispetto alla propria salute, con tratti ipocondriaci.
Mario (nome di fantasia), 30 anni, operaio, aveva perso il lavoro causa pandemia. «Da allora – mi dice – ho dolore al collo, ho le vertigini e non riseco a guidare, ho paura di non trovare più lavoro». Ecco, il senso della perdita è tutto ben rappresentato in questa storia: senza la routine lavorativa, la sua angoscia si è tradotta in dolore fisico.
E arriviamo ad oggi. Parola chiave: RINASCITA, sinonimo di opportunità. Il tempo sospeso ha permesso ai protagonisti di queste storie e a noi tutti di poter riscrivere nuovi progetti e prospettive. Come? Per l’over 25 l’obiettivo da prefissarsi deve essere quello di crearsi nuove routine, basate su obiettivi che mirino ai reali bisogni e non più dettati dalla frenesia che non lascia spazio alla riflessione. Fare tesoro della noia significa proprio questo.
Cimentarsi in nuove esperienze, prefissarsi nuovi obiettivi, aumentare il contatto sociale e diminuire l’esposizione a stimoli negativi legati ai pericoli del contagio. Nozioni ormai acquisite e assodate.
Per gli under 25, invece, le dinamiche sono un po’ più complesse. E questo perché non basta la componente volitiva personale, sebbene le statistiche dimostrino un’impennata delle richieste d’aiuto di questa fascia d’età.
Promotrici di rinascita, però, dovranno anche essere tutti gli enti e le organizzazioni impegnate nel Sociale. Spetta anche a questi ultimi il compito di promuovere la socializzazione calata nella vita reale e lontana dal Metaverso. Riscoprirsi persone e non avatar: questa è la missione.