PERCHÉ TERESA NON SIA MORTA INVANO.
Il 25 novembre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
16 luglio 2018. Un giorno triste, ma da non dimenticare. Quattro anni fa la comunità trepuzzina è stata sconvolta dall’omicidio, dal femminicidio, di Teresa Russo, che ha perso la vita nella sua abitazione per mano di chi avrebbe dovuto amarla. Tante domande, poche risposte, molti rimpianti: questo resta di quel terribile pomeriggio, oltre ad un’amara consapevolezza: quando accadono situazioni di questo tipo, siamo tutti responsabili. Responsabili di non essere ancora quel tipo di società in grado di tutelare tutti e tutte in ugual modo.
Ho incontrato la sorella di Teresa, Maria Rosaria Russo, la cui testimonianza mi ha restituito un bilancio preoccupante e al tempo stesso pieno di speranza.
Come ha vissuto quella tragedia?
È dura. Sento di aver fallito, di non aver fatto abbastanza per aiutarla. Crediamo sempre che certi episodi siano troppo lontani dal nostro quotidiano, di “quelle cose che si vedono solo in tv” e che riguardano altre realtà. E invece poi accade il peggio, proprio a chi credeva di essere immune dalla violenza. Teresa ci nascondeva la verità, se ne vergognava e cercava di rendere la realtà meno grave di quanto non fosse. Appena riuscivo a farla parlare, faceva un passo indietro e mi ripeteva “Stai tranquilla”. Spesso ci si accorge di quanto critica sia la situazione quando ormai nulla è più recuperabile.
Come capire il disagio delle donne? E cosa possiamo fare nel nostro piccolo per aiutarle concretamente?
Spesso prendiamo le prime richieste d’aiuto con leggerezza e non come avvertimenti di un segnale potenzialmente pericoloso. Di brutte cose se ne sentono a bizzeffe ma finché non ci sono chiare espressioni di violenza tendiamo a non agire più di tanto. Nel piccolo della nostra quotidianità, un primo passo è quello di offrire un supporto, far sì che la vittima si senta a suo agio nel confidare le sue paure e i suoi timori. Poi si passa all’aiuto pratico e razionale, si segnala immediatamente l’accaduto, anche se la donna si oppone.
Ritiene che lo Stato tuteli a sufficienza le donne vittime di violenza?
No. Lo stato non garantisce sicurezza al 100%. È necessario un protocollo di tutela, efficace però. L’aggressore deve essere immediatamente allontanato dalla donna. In Italia una denuncia viene notificata dopo 90 giorni dal fatto e nel frattempo? Se il reato non fosse grave al punto da prevedere l’arresto, bisognerebbe isolare l’aggressore in un centro di recupero.
E poi è opportuno intensificare le pene. Far capire che a ogni azione corrisponde una conseguenza, irremovibile e rigida. Purtroppo, attualmente, in qualche modo, gli aggressori riescono sempre a farla franca. Per questo la lista dei femminicidi si aggiorna in continuazione. Un passo in avanti è stato fatto con l’introduzione del Reddito di Libertà, un sussidio che viene dato alle donne che decidono di denunciare e non devono temere di perdere il supporto economico del compagno violento.
La fregatura? Viene erogato per un massimo di 12 mesi. E allora lo Stato dovrebbe intervenire nuovamente per aiutarle a trovare un’occupazione. Solo così lo Stato agirà realmente per il bene delle donne.
Ha sentito la vicinanza della comunità di Trepuzzi?
La comunità locale è sensibile e vicina al nostro dolore: tutti si sono uniti alla mia famiglia quando ci siamo opposti al trasferimento di Michele (responsabile reo confesso della morte di Teresa) a Trepuzzi per scontare i domiciliari, per esempio. L’amministrazione comunale poi è tanto attiva, hanno perfino intitolato una strada a mia sorella. Per non parlare di tutte le iniziative nelle scuole per sensibilizzare i più piccoli su questi temi, sinonimo di una società intelligente che vuole risolvere il problema alla radice.
Se è vero che la storia ci insegna a non commettere più gli errori del passato, la vicenda di Teresa e quella di tutte le altre, troppe donne vittime di violenza, deve essere per noi quel cambiamento frutto di un profondo lavoro culturale della società. L’auspicio è che un giorno, spero non troppo lontano, potremo vivere in un mondo fatto di parità, uguaglianza, rispetto… Amore.
Mariafrancesca ERRICO