La marina diventa protagonista di una favola noir
Si sente spesso parlare di Casalabate come di una marina che nel passato, con le sue rotonde e i suoi grandi arenili, godeva di massimo splendore. Con il tempo e per svariati motivi un lento ed inesorabile decadimento avrebbe, però, preso il sopravvento.
«Per tutti i cambiamenti importanti è necessario intraprendere un salto nel buio» diceva lo psicologo e filosofo William James. E adesso, potremmo aggiungere noi, per Casalabate la luce sembra di nuovo vicina. All’orizzonte, neanche tanto lontano, se ne intravede già il risveglio a tutto tondo.
Casalabate, come una bella addormentata nel bosco, è prossima al bacio tanto agognato. E non è forse un caso che sia diventata la protagonista di una favola noir, in musica e parole, dal titolo “Casalabate 1492″. Si tratta di uno spettacolo teatrale che ne ripercorre la storia, segnata da un susseguirsi di personaggi mitici ed eroi, spesso dimenticati, fino ad arrivare all’epoca contemporanea.
Il racconto si snoda attraverso le testimonianze di chi a Casalabate ha visto nascere e proliferare la criminalità e l’abusivismo, tali da trasformarla in un luogo di villeggiatura e, al tempo stesso, in un paradiso perduto.
Questa Casalabate, croce e delizia, ce la racconta Nandu Popu, celebre cantante dei Sud Sound System, che intervistiamo nelle vesti di autore e attore dello spettacolo. Con lui facciamo un viaggio a bordo di una fantomatica macchina del tempo. Un viaggio in cui Nando torna bambino, svelando le fantasie della sua infanzia e delle sue estati trascorse a Casalabate, luogo del cuore.
Nando, com’è nata l’idea di realizzare uno spettacolo dedicato a Casalabate?
«Nasce dalla stesura di un libro di prossima pubblicazione, dalla volontà di rievocare il passato attraverso i miei ricordi d’infanzia e rispondere ad alcuni interrogativi che mi pongo da sempre. Uno tra tutti: da dove deriva il nome “Casalabate”?
E ancora: come e perché, in un determinato periodo, si è trasformata in culla della malavita locale? Una serie di spunti di riflessione che sono confluiti in un testo appunto, che è diventato canovaccio e poi copione di uno spettacolo.
A teatro sono sbarcato grazie all’incontro con Salvatore Tramacere, direttore artistico dei cantieri teatrali Koreja, insieme all’attore che mi accompagna sul palcoscenico, Carlo Durante.
Casalabate è il mio liquido amniotico e per me parlarne e viverla equivale anche a ricordare gli anni più belli della mia infanzia».
Cosa racconta lo spettacolo?
«Lo spettacolo è un raccoglitore di interrogativi e risposte, sui quali è stata costruita l’intera trama. Sono partito dalle testimonianze degli anziani e dai loro racconti sull’origine del nome Casalabate, che deriva da “casa dell’abate”, uno dei tanti abati che si sono susseguiti nell’abbazia di Cerrate e che ebbe una relazione con una badessa proveniente da un convento di monache non troppo distante da lì, nei pressi di Masseria Caretti. Tutte zone che, in tempi antichi, erano “abitate” soltanto da paludi e malaria.
Una sorta di alcova, dico io, dove si consumavano amori proibiti e venivano generati figli proibiti e dunque abbandonati, che chiameremo “li menati”.
Lo spettacolo racconta queste ed altre storie e realtà inconfessabili, che hanno generato odio e sono andate avanti per secoli fino agli anni ’60, quando ero un bambino e frequentavo la piazzetta antistante il cosiddetto “Casermone”. Qui, insieme ai miei coetanei, aiutavo i pescatori a portare e ritirare le reti e ci era proibito andare al piano di sopra dove “c’erano i fantasmi”. Qui, ho trovato risposta anche ad altre domande.
Ad esempio: perché questa zona era circondata da “malandrini”, ben presto diventati esponenti della Sacra Corona Unita? Assistevo al contrabbando delle sigarette che arrivavano di notte e la mia immaginazione infantile mi riportava ad una sorta di film dell’orrore. Il fulcro? Quella casa del male, capace di attrarre la gente peggiore, con i peggiori pensieri e intenzioni. Come se quella casa, dalla storia tra l’abate e la badessa alla vita dei malavitosi, avesse attratto e custodito tutti i loro rancori e problemi».
“Casalabate 1492”: a cosa è dovuta la scelta di questo specifico anno?
«Sicuramente richiama il periodo della storia da cui tutto ebbe inizio, l’amore tra l’abate e la badessa appunto. Ma fa principalmente riferimento all’anno della scoperta dell’America: quello che racconto, sebbene sia noto a tutti, per me è la mia scoperta dell’America. La “scoperta” di queste storie ambientate a Casalabate, il gioco di parole e l’ambientazione dell’epoca, mi hanno spinto alla scelta definitiva di quell’anno».
Qual è il fine ultimo di questo spettacolo?
«Innanzitutto è una storia adatta e destinata a tutti. I miei ricordi d’infanzia hanno lo scopo di far capire ai più piccoli come si diffonde la violenza e come nasce l’odio, all’ombra di quella caserma in cui le persone hanno conosciuto l’amore e, non potendolo dimostrare, hanno dovuto reprimerlo.
Spero che le realtà raccontate possano farsi monito per le future generazioni per capire dagli errori del passato e agire nel bene e per il bene. Spero che i più grandi possano poi comprendere che siamo ancora in tempo per cambiare e migliorarci, senza ridurci a spettatori passivi di una realtà che non ci piace.
È quello che rimprovero alla mia generazione: aver emulato, giustificato e non stigmatizzato questi atteggiamenti e aver taciuto dinanzi alla consapevolezza del marcio che avevamo davanti. È nei giovani che ripongo tutte le mie speranze: perché il loro occhio fanciullo, possa riportare a Casalabate la magia.
Quella sana, in grado di far bene alla marina e a tutta la comunità che le è affezionata. Una Casalabate “Di Ritorno”, questo mi auguro. Il ritorno più bello e più sano che si possa immaginare».
Mariafrancesca Errico